L’ALTRO TRAUMATICO

Il trauma è una ferita, una rottura rispetto al senso di continuità che pensavamo dovesse esserci.

Il trauma è improvviso, inaspettato e talvolta spietato.

Chi lo vive ha la percezione della propria innocenza, dell’arbitrarietà del fato, della crudeltà della storia.

Si impone, obbliga a considerarlo e fa soffrire.

La caratteristica dei traumi psicologici è che sono per lo più legati alle relazioni.

Ovvero sono io rapporto con un Altro, che sia persona, situazione o condizione dell’essere.

In fondo l’intera descrizione stadiale dello sviluppo umano postulato da Freud e poi ulteriormente spiegato, ampliato e reso ancor più comprensibile da altri grandi psicoanalisti a lui successivi, mostra come la crescita, la pienezza sperata e la maturità siano causate da delle discontinuità che emotivamente sono percepite come destabilizzanti e traumatizzanti.

Quindi il trauma ci appartiene. Senza quest’esperienza, che nella sua pienezza dev’essere pensata e compresa da adulti, non diventeremo mai pienamente ciò che siamo o ciò che potremmo essere.

Il trauma ha intimamente a che fare con il Noi; nessuno si traumatizza da solo ma bensì vi è sempre in gioco il rapporto esistente con l’Altro da me – ripeto – inteso sia come persona che come oggetto/condizione esistenziale.

Infatti anche un allucinazione o un delirio riguarda comunque la persona in rapporto con un Altro – enigmatico e persecutorio – che magari pur non esiste ma che, nella mente del delirante, è comunque percepito come un qualcuno che è oltre alla sua stessa identità.

O nelle dipendenze, sia a quelle legate all’utilizzo specifico di sostanze che a quelle relative a comportamenti che si vorrebbero evitare ma dai quali sembra non esserci scampo, la percezione è che ci sia una parte Altra , più potente della volontà e dell’autoconservazione, che comanda arbitrariamente e dispoticamente la vita.

Neanche i momenti forse dove il trauma è apparentemente solitario come gli incidenti è in realtà così perché poi si teme il ripetersi di una situazione o i mezzi diretti che l’hanno causata. Quindi è sempre Altro rispetto al soggetto.

Per esempio la paura di guidare, di prendere l’autostrada, di stare soli in auto, di prendere un aereo o di tornare in sella sono tutti segni di un qualche trauma -vissuto anche individualmente- ma che riempie la scena mentale di una certa invasività contraria alla volontà della persona e quindi percepita come parte estranea: l’Altro.

Ed è un Altro che chiede – reclama- di essere ascoltato. Non se ne può fare a meno.

Per qualche tempo si possono avviare delle strategie di evitamento ma è evidente che nella maggior parte dei casi sono dinamiche che non possono continuare nel tempo.

Si sta vivendo il trauma, un punto di rottura, ma questi è anche una fase di cambiamento.

Lungo l’articolo abbiamo quindi notato come il trauma abbia sempre a che fare con l’Altro, sia reale che fantasmatico.

L’Altro mentale, che abita l’animo, che si fa percepire e conoscere.

L’Altro assente, giudicante e perturbante.

Ma l’Altro sa anche essere motivante, riflettente e vero.

Sa presentare parti di mondo ignote, dimensioni dell’essere non ancora afferrate.

L’Altro è trauma ma può anche essere balsamo.