GENITORI E FIGLI: LA SFIDA DELLA RADICI

Quest’articolo ha un unico obiettivo, ovvero quello di delineare in linea teorica il rapporto ideale che dovrebbe intercorrere tra genitori e figli nell’età adulta.

Se ne parla poco; in genere gli studi, gli articoli e le discussioni si sono orientate maggiormente, se non quasi esclusivamente, ad analizzare questo tipo di relazione applicandola all’età evolutiva eppure, complice anche l’aumento dell’aspettativa di vita e le mutazioni del vissuto socio culturale, credo sia uno dei temi che chiede con urgenza delle riflessioni, specialmente per chi già vive la maturità e si trova a dover riflettere come portare avanti questa relazione.

Queste parole sono delle riflessioni, dicevo all’inizio, volutamente astratte e generiche; ciascuno poi chiaramente vive delle esigenze diverse e pertanto ha la necessità di tradurre il tutto nel proprio contesto di vita.

Sento il dovere di fare un’altra precisazione: nell’articolo si parlerà della figura del genitore; fino a qualche anno fa era ovvio chi fosse. Oggi la situazione è estremamente varia e non è mio desiderio urtare la sensibilità di nessuno, pertanto occorre dare una definizione preliminare: genitore è colui e/o colei che genera alla vita, non solo dal punto di vista biologico ma anche ( e forse specialmente) dal punto di vista psico-affettivo e sociale. È una persona adulta che accompagna quotidianamente, con affetto e autorevolezza, la progressiva crescita, autonomia ed emancipazione del bambino di cui ne condivide la vita, percependolo come membro imprescindibile e a tutti gli effetti della medesima famiglia.

Questa è una definizione psicologica, non giuridica, che mira a sottolineare la centralità dell’amore, dell’accompagnamento e dell”appartenenza. Bene, fatte queste precisazioni possiamo entrare nel merito del tema.

Qualcuno dice: Quando si è genitori lo si è per sempre!

Giusto. Il legame di parentela e l’amore che accompagna la relazione genitori-figli è nella maggior parte dei casi assoluto ma a cambiare non è l’affetto ma piuttosto il modo di manifestarlo.

Nei primi anni di vita ovviamente i genitori sono le figure guida, dei fari, dei sostegni e dei custodi, pur entro tutti i limiti umani che pur abitano in loro.

Il genitore si trova a fare di tutto per i figli con un unico obiettivo: farli diventare grandi.

E la trance finale, l’adolescenza, per molti diventa il luogo della sfida definitiva.

Ad un certo punto si devono relazionare con un adulto, più giovane certo, ma non più né bambino né ragazzo.

Legalmente nella nostra nazione questo equivale con la maggior età; esistenzialmente e socialmente  invece l’affermazione di sé dell’adulto è più incerta.

Corrisponde con l’autonomia finanziaria? Con l’armonia del pensiero? Con l’uscita di casa? Con la capacità di stringere relazioni affettive durevoli? Quando possiamo dire che quel bambino è diventato adulto?

Direi che l’adultità accade quando si nota una certa stabilità nei tratti della persona, sia organici che caratteriali.

Adulto è inoltre colui che si sa autodeterminare, o che almeno ci prova.

Ovviamente anche l’età adulta ha diverse fasi, ben descritte da E. Eriksson con la teorizzazione delle Life Skills; ma il punto è un altro: adulto è chi sa vivere l’autonomia, la responsabilità e l’intimità. E ad un certo punto il teenager che si aveva in casa fino a qualche anno prima palesa queste attitudini.

Lì, in quel periodo, il genitore ed il figlio devono, pur nell’amore, iniziare a pensare al loro rapporto in modo nuovo pena, per entrambi, una vita insoddisfacente.

Tutto quello che è stato fatto fino a quel punto, da un punto di vista educativo, in fondo era orientato all’emancipazione della persona da ogni punto di vista; a far si che insomma il bambino\a da adulto fosse in grado di prendere la propria strada, d’essere realizzato, felice.

Ovvio, non è una cosa facile da fare, anche da adulti.

Ci possono essere distrazioni, errori e cambiamenti ma se vissuti come questioni di cui si è responsabili (in parte o totalmente) abbiamo comunque un approccio adulto.

I genitori a quel punto non sono più quelli che fanno da scudo rispetto alle avversità della vita ne quelli che manipolano la relazione (pur con ottime intenzioni spesso) affinché il figlio/a adulta faccia secondo i loro piani o secondo la loro visione della vita ma sono persone che rispettano i percorsi (magari esprimono la loro opinione) e favoriscono la libertà individuale e la responsabilità individuale; in altre parole trattano il figlio adulto come un adulto.

Parallelamente anche il figlio/a ormai cresciuto cerca, difende e protegge la propria autonomia senza chiudersi a riccio, impermeabili a tutte le opinioni, ma piuttosto ascoltando con interesse chi lo ama da sempre ma affermando la propria di responsabilità decisionale finale, sapendo anche prendere linee decisionali diverse rispetto a quelle suggeritegli dall’esterno, facendolo con la serenità di chi sà che la vita e la sua realizzazione è data dalle risposte che saprà o meno dare a seconda del caso.

In conclusione una domanda applicata specialmente quando nascono altri figli (i nipoti): si può essere genitori essendo ancora psicologicamente figli? In un prossimo articolo proverò a rispondere a questa domanda.