LA FENICE: DAL MITO AL SIMBOLO

Una delle figure mitologiche più famose dell’occidente ellenistico è la Fenice. Un uccello dal piumaggio di sorprendente bellezza che, sentendo il sopraggiungere della morte, si crea un nido entro il quale avvolgersi per poi esporlo alla luce del sole per esserne incendiato; dalle sue ceneri emana un profumo soave ed esattamente da queste poi riesce a risorgere.

Il suo motto è: post fata, resurgo, normalmente tradotto con “dopo la morte risorgo”.

In realtà questa è una traduzione semplicista perchè la parola fatum in latino ha una traduzione molto più complessa e significa infatti: oracolo, predizione e morte ma anche destino, inteso come il corso effettivo, concreto e materiale, della vita.

Quindi, volendo una traduzione altrettanto letterale, sarebbe lecito intendere il motto della fenice così: “dopo il corso degli eventi della vita, risorgo, mi alzo ancora”.

Esiste inoltre una tradizione antica, ovvero l’associare alcuni ambienti della società alla fenice

Molti luoghi della cultura, biblioteche e teatri sono stati infatti posti sotto la “protezione” della Fenice: il teatro di Venezia è così chiamato ma anche il Louvre ha scolpite sulle facciate alcune fenici ed in innumerevoli biblioteche antiche ne possiamo trovare traccia.

Luoghi dove si contempla la musica, l’interiorità del sapere e la condivisione estetica sono tradizionalmente indicati come “ambienti da fenice” quasi a voler lasciare un messaggio: se la vita e i colpi del destino sono stati duri, se vuoi rialzarti punta allora su una conoscenza più elevata, mira alla bellezza e all’armonia. Assumi e comprendi il sapere antico e trova una sintesi con quanto stai vivendo facendolo rivivere nel tuo presente.

Entra nell’interiorità, prendi dimora e metti ordine. Nella disarmonia cerca armonia. Nella confusione cerca parole nuoveNella non conoscenza fa vibrare la tua interiorità.

Intuitivamente molte persone colgono il significato che la fenice porta con sè e che viene così ben manifestato nel suo simbolismo.

Accadono momenti nella vita nei quali occorrono sintesi nuove, in cui la consapevolezza acquisita si rivela insufficiente e si percepisce quindi la necessità esistenziale dell’oltre.

E si capisce che proprio in questo superamento delle proprie identificazioni e credenze accade una morte e una risurrezione, come nella fenice.

E’ la chiusura – preparata, accompagnata e non caotica –  delle vecchie procedure interiori (come la fenice che si prepara da sola il nido da incendiare) che fa così finalmente spazio al nuovo di sè.

Una descrizione suggestiva in fondo anche dell’esperienza analitica.

Post fata, resurgo.